Apprendimento procedurale, abitudini di apprendimento e risposta di orientamento
Il nostro corpo ricorda il passato con la sua postura, le tensioni muscolari, i movimenti. Se alla nostra storia appartengono informazioni di paura, tensione, se nessuno ci ha consolato e siamo stati lasciati soli o umiliati, il nostro corpo diventerà flaccido e tenderà a chiudersi in sé stesso. Se nei nostri confronti ci sono state pressioni continue ad eccellere, ad essere i migliori, se non contava ciò che eravamo ma solo ciò che eravamo in grado di fare, allora la postura tenderà ad essere eretta, rigida, con lo sguardo alto. Le storie che ci accadono, le informazioni che siamo chiamati ad elaborare, si manifestano sul corpo e nelle abitudini. Le abitudini sono il frutto di movimenti, sequenze, gesti, pensieri, informazioni ripetute e memorizzate. Sono molto utili per la sopravvivenza, perché rendono automatici certi comportamenti e, di conseguenza, rapide le nostre azioni. Diventando consapevoli del linguaggio del corpo, diventiamo anche consapevoli delle nostre abitudini. Gli schemi fatti di tensioni e gesti fatti nell’infanzia, apprese in modo procedurale, diventano abitudini nella vita adulta. Quindi al verificarsi di un evento presente, il rischio è che il corpo e la mente rispondano secondo sequenze abitudinarie memorizzate nel passato. Questo ha un secondo effetto: continuiamo a rivivere il passato nel nostro corpo e nei nostri gesti, diventando incapaci di vivere nel presente e gestire nuovi stimoli con nuovi adattamenti. Quando abbiamo imparato ad andare in macchina, abbiamo memorizzato una serie di sequenze che ci permettono oggi di guidare anche mentre stiamo parlando o ascoltando musica. Accade spesso che facciamo tratti di strada piuttosto lunghi senza esserci resi conto del percorso, proprio perché stavamo pensando ad altro. Diciamo che meccanismi del passato si rendono molto utili nel presente: girando a destra il volante, l’automobile andrà sicuramente a destra; pigiano il pedale del freno, la macchina sicuramente si ferma. Lo sappiamo, ha sempre funzionato bene e, nel caso in cui dovessimo girare a destra o frenare, non occorre nemmeno pensarci: il corpo agisce automaticamente. La stessa cosa accade in tutte le altre situazioni: uno stimolo esterno, innesca una risposta che giace nel nostro passato sotto forma di abitudine. Questo va bene fintantoché dobbiamo usare la nostra auto. Ma la vita non è prevedibile e meccanica come un’automobile: è varia, differente, richiede continui adattamenti. Quando non siamo in grado di adattarci a nuovi stimoli sentiamo questa frizione tra quello che ci viene richiesto e la nostra reazione e, molte volte, la sensazione è poco piacevole o dolorosa. Inoltre, rispondendo sempre secondo le nostre consolidate abitudini, perdiamo l’opportunità di apprendere e memorizzare nuovi atteggiamenti e aprirci alla possibilità di nuovi apprendimenti. C’è un terzo aspetto: riprendendo meccanismi del passato, continuiamo a rivivere quel passato, con tutto il suo carico emotivo e mentale, oltre che di memorie e ricordi. Se questo passato è doloroso, ecco che il corpo riceve un’ulteriore informazione dolorosa e la replica nella sua postura, nel movimento, nelle tensioni. È quello che accade in un disco rigato: la puntina affonda sempre più nel solco, lo rende sempre più profondo e la musica rimane sempre la stessa. Accade allora che per noi presente e futuro saranno sempre uguali al passato. Il passato avrà sempre la precedenza su atteggiamenti positivi del presente e del futuro. Le abitudini orientano anche i nostri stimoli ed obiettivi. Un passato che si ripresenta, tenderà a replicarsi. Stimoli che replicano vecchi adattamenti saranno la “prova inconfutabile” che conferma quegli adattamenti. Sempre per ragioni legate alla sopravvivenza, il nostro sistema è tarato per reagire immediatamente ad una situazione di pericolo: se stiamo leggendo un libro e sentiamo un rumore nell’altra stanza, subito la nostra attenzione si desta e il corpo reagisce insieme alla nostra mente per identificare la fonte e il motivo di quel rumore. È istintivo, è innato ed incosciente. Consapevoli o inconsapevoli, in un dato momento selezioniamo continuamente su cosa porre la nostra attenzione. I traumi, gli shock, le relazioni e le informazioni che abbiamo vissuto soprattutto nelle prime fasi della nostra vita, hanno un effetto potente verso cosa ci orientiamo. Questi congelano la nostra capacità di valutare gli stimoli provenienti dall’ambiente in maniera flessibile. In conseguenza di ciò, oltre a tenerci prigionieri del passato e impedirci di godere la vita presente, col tempo perdiamo l’abilità essenziale di apprendere ed adattarci a nuove situazioni. Questo, a sua volta, ci fa orientare verso persone, cose, attività che direttamente o indirettamente, coscientemente o incoscientemente, ci rimandano a schemi ed esperienze passate. Allora ci orientiamo verso stimoli esterni che confermano i nostri pensieri, le nostre abitudini e le nostre paure. Ciò ovviamente non dà spazio ad informazioni che, invece, possono supportare il contrario. Divenendo consapevoli del corpo, diveniamo consapevoli dei meccanismi e delle abitudini. Quando abbiamo imparato a stare attenti a ciò che accade dentro di noi, abbiamo sviluppato la sensibilità sufficiente per poterci concentrare su persone, ambienti, oggetti, stimoli, informazioni esterne che ci fanno stare bene, che ci fanno sentire sicuri. E questo permette di apprendere cose nuove e sostituire ad abitudini passate, nuovi schemi del presente e del futuro, in un divenire fatto di libertà e continua flessibilità. L’essere umano è fatto per sbagliare. È la sua missione. Solo gli dei non sbagliano. Infatti sono prigionieri nel loro mondo e della loro natura. Per questo ci odiano.